Non abbiamo avuto l’opportunità di condividere molti anni pastorali insieme, caro don Nicola, ma solo 11 mesi… Eppure il nostro è stato un periodo in cui, per dirla con un motto latino (te lo ricordi ancora il latino?), ciò che abbiamo condiviso del Regno di Dio non è stato “multa, sed multum”, non molte cose, ma “molto” a livello di intensità spirituale, di identità sacerdotale e di confronto spirituale.
Passare “da coadiutore a parroco responsabile di comunità” non è un salto leggero, apre orizzonti veramente diversi nella vita spirituale di un sacerdote. Proprio per questo, in nome di una stima che in questi mesi è maturata in me nei tuoi confronti, se non ti offendi, mi permetto allora di condividere con te, a voce alta e cuore aperto, alcune attenzioni che ti potranno essere d’aiuto nella nuova fase del tuo ministero sacerdotale.
Proprio perché tu sei chiamato a prenderti cura della Chiesa che è, per dirla con S. Paolo, il Corpo mistico di Cristo, come mio particolare saluto ti vorrei dare qualche “consiglio” sull’importanza “del corpo”.
- Innanzitutto i piedi: quante penitenze devono sopportare per correre sempre a destra e a sinistra, a passo lento o di corsa, in mezzo all'acqua o sotto il sole cocente, con i tuoi comodi sandali che adori o con le rigide scarpe invernali; e ti accorgerai di quante lamentele il prete deve sopportare dai suoi piedi perché reclamano il loro giorno di riposo come tutte le persone di questo mondo, oppure perché non vengono mai lodati pubblicamente come invece capita per tante altre parti del corpo... Insomma, se non possiedi dei piedi ben rodati e pronti a tutto, pronti a raggiungere tutti, anche quelli che ti scappano o lasci scappare perché meno simpatici, piedi che non si curano della stanchezza e non misurano il bene da recare ad un altro ... rischi di fare ben poca strada!
- Poi le mani: quelle dei muratori le riconosci per i calli, quelle dei falegnami per qualche cicatrice di troppo, quelle dei bancari per il tatto sensibile, quelle dei preti ... perché sono bucate (non frainterdermi: non intendo alludere che sei spendaccione!); sì, un prete che si rispetti deve avere qualche buon buco nelle proprie mani. In primo luogo perché così assomigliano di più a quelle del suo Signore in croce, poi perché sentono meno il peso di ciò che devono portare (o sopportare!), in terzo luogo perché solo così non rischiano di trattenere niente di quello che afferrano, ma tutto ricade sui bisogni di coloro che al prete si affidano.
- Le corde vocali(e tu, sotto questo punto di vista sei messo decisamente meglio del sottoscritto!): non sono affatto da sottovalutare perché è forse una delle parti più sottoposta a sollecitazioni di diverso tipo. Un prete che sa cantare infatti "trova sempre la tonalità giusta" per il tipo di annuncio che deve compiere: rincuorare o incoraggiare, rimproverare o elogiare, piangere con chi è nel dolore o gioire con chi è nella gioia ... È decisamente importante per un Sacerdote possedere delle corde vocali "elastiche" per saper modulare gli annunci giusti al momento giusto.
- Ovviamente le orecchiee gli occhi: non per niente si dice che il prete arriva "a rompere" sempre nel momento meno opportuno; possediamo infatti un udito e una vista molto particolari perché Dio, quando deve comunicarci qualcosa, non si serve dei soliti canali di informazione, ma ha un codice tutto suo che nemmeno i più moderni computer riescono a decifrare. Allora o sai "vedere e sentire" alla Sua maniera o continuerai a perdere le occasioni buone per accostare una persona e farle del bene. Lo svantaggio di avere orecchie sensibili è quello che coglierai al volo … le critiche che circoleranno in parrocchia nei tuoi confronti!
- Infine il cuore: deve essere grande, efficiente, capace di pompare molto sangue; tutti devono trovare spazio al suo interno, senza distinzioni o favoritismi di parte. Alcune volte può veramente "sentirsi affaticato" perché non può permettersi di acquistare persone con lo sconto del "tre per due" che tanto ci piace nei centri commerciali, ma addirittura deve mettere in conto di finire il bilancio anche in perdita quando si tratta di accompagnare una persona a Dio.
… Semplicemente “Ciao”, don Nicola, carico di stima e gratitudine per come mi hai accolto e aiutato ad entrare nella nuova Comunità, e per quanto condiviso assieme.
Ricordati solamente che, anche nelle tue valli un po’ amene, non ti potrai permettere il rischio di diventare vagabondo, ma sempre il lusso di essere pellegrino.
Con affetto (e molto altro)
Don Giampietro